NIGHTGUIDE INTERVISTA MONICA P

NIGHTGUIDE INTERVISTA MONICA P

Postpunk newyorkese e tradizione melodica italica possono convivere. Lo dimostra a suo modo “Rosso che non vedi”, ultimo album di Monica P, all'anagrafe Monica Postiglione.
La cantautrice nasce a Torino e si forma tra la West Coast e l'Inghilterra. In questo terzo disco muove un passo deciso in direzione del pop. Nel farlo non dimentica però il suo noise interiore, fatto di più impegnative e oscure sonorità. Dieci tracce, prodotte da Don Antonio (Antonio Gramentieri), nelle quali si incontrano agilissimi refrain e sofisticati inserti musicali. Il cantato melodico e confidenziale, insieme al sound elettrico e una scrittura diretta e senza compromessi, racconta emozioni ben lontane dal politically correct. A dargli voce è Monica P in un leggero graffiato perfettamente naturale che non conosce inutili estetismi e virtuosismi.

NG. Ciao Monica. Ci farebbe piacere che ci parlassi un po' di te per presentarti ai nostri lettori.
MP. Una donna indipendente e curiosa, sensibile, matta, solitaria ed estroversa al tempo stesso, infastidita dalla superficialità del mondo, sognatrice, molto determinata. Nel mio ultimo singolo ho scritto “ci conosciamo, non ci conosciamo in fondo” e lo credo davvero, rivolto agli altri e a noi stessi. Mi emoziono ancora davanti alle cose e mi sconvolgo davanti a chi non prova mai entusiasmo. Questo è il mio terzo album, dopo molti progetti - più o meno rilevanti - che mi hanno fatto maturare e avvicinare di più a me stessa. Mi piace sperimentare strade nuove e ogni volta scopro una parte di me che non conoscevo. Questo mi dà lo stimolo di rinnovarmi continuamente. Insomma non mi annoio!

NG. 7 anni, 3 album e una notevole ecletticità di genere. La tua musica non è di sicuro scontata e banale. Cosa vuoi comunicare? E chi sono i tuoi interlocutori?
Sì, come dicevo mi piace il cambiamento, è un processo che avviene naturale in me, forse perché ho mille interessi. Dal mio primo disco di stampo folk rock, passando da sonorità più psichedeliche nel secondo “Tutto Brucia”, sono arrivata a “Rosso che Non vedi” con la voglia di proporre qualcosa di nuovo a me stessa e agli altri. Ogni disco è un mondo a sé, descrive un periodo di vita e stati d'animo diversi. La parte magica è osservare come tutto questo fluisca naturalmente dentro di se', fino a materializzarsi fisicamente in un nuovo album. La consapevolezza di poter parlare a chiunque abbia voglia di ascoltare la mia musica mi riempie di emozione ogni volta. Puoi dire cosa pensi, aprire gli occhi alla gente su un argomento che magari passerebbe inosservato, urlare o sussurrare sentimenti sapendo che qualcuno come te li avrà provati e ci si immedesimerà. Scrivere è un privilegio, il processo si compie al massimo quando hai il feedback dal tuo interlocutore che ti dice “Che figata, questa roba mi arriva!”

NG. Quali sono gli artisti che hanno ispirato le tue scelte?
MP. Se sapessi rispondere esattamente vorrebbe dire aver scimmiottato qualcosa o qualcuno. Ti posso dire che i miei ascolti vanno da Janis Joplin a Daniele Silvestri, passando dai Cure, Depeche Mode, Afterhours e mille altri. Sono i miei stati d'animo a filtrare la musica che ascolto, non il contrario.

NG. Cos'è per te la musica?
MP. Una salvezza, una cura, una passione, un mezzo per comunicare alla gente quello che ho da dire. Qualcosa che mi fa stare bene ed essere me stessa. Un privilegio insomma, che può essere di tutti.

NG. Nel tuo terzo album, Rosso che non vedi, hai scelto di virare su tonalità più pop, senza però snaturare la complessità delle tue scelte melodiche. Come descriveresti questo album?
MP. E' un album chiaro e diretto, in cui parlo senza mezzi termini a chi ha voglia di ascoltare e magari anche di aprire gli occhi su cose che sicuramente vede già, ma su cui pochi hanno voglia di riflettere. E che sia chiaro, si può anche decidere di non riflettere e sculettarci su. Un album dalle sonorità apparentemente “allegre”, ma che descrive la situazione tragica in cui ci troviamo, tutti. Pilotati da un sistema, da noi stessi. Un disco che suona più pop nel senso che arriva più facilmente alla gente rispetto ai due precedenti, ma conserva le sonorità che piacciono a me e quella ruvidità e schiettezza che credo mi caratterizzino da sempre.

NG. Adesso che sei al terzo lavoro, come descriveresti artisticamente il tuo percorso dal primo album a quest'ultimo?
MP. Una crescita. Ovviamente lo dico senza presunzione. Non solo nella scrittura, ma nell'espormi e nel muovermi fidandomi di me stessa. In questo ultimo disco ho scelto di essere meno ermetica, più esplicita, volevo che la gente capisse quello che dicevo. Poi, come sempre, ci si può fermare a un primo significato, o scavare più in fondo.

“Corpi Fragili”


NG. Quali sono adesso i tuoi progetti futuri?

MP. Sono troppo impegnata a pensare a quelli del presente ;-) Vorrei che questo album avesse la visibilità che difficilmente un indipendente riesce ad avere da solo. Il passaparola però fa miracoli. Suonare suonare e suonare fa la differenza, quindi nel futuro imminente mi auguro solo di varcare molti palchi, in un momento che - come sai - non è dei più floridi.

NG. Raccontaci in breve 3 album (stranieri o italiani) che non potrebbero mai mancare nella tua collezione.
MP. Solo 3? Impossibile scegliere. Tra i tanti: La Cura (Franco Battiato), King of Kings (B.B. King), A book like this (Angus & Julia Stone).


Intervista a cura di Luigi Rizzo.
 
 
 
 
 

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