Nightguide intervista i Loren

Nightguide intervista i Loren

Loren è l'album d'esordio omonimo dei LOREN, pubblicato da Garricha Dischi, frutto di due anni di lavoro dei ragazzi fiorentini e degli incontri che ne hanno segnato e rivoluzionato il percorso. Il disco è composto da canzoni pop, alcune più impegnate e generazionali, altre più intime e personali. I testi guardano alla tradizione della canzone leggera italiana anche contemporanea, mentre gli arrangiamenti alle grandi band internazionali pop/indie. Il tentativo è quello di non appiattire il linguaggio musicale in favore del testo e viceversa, cercando di far emergere al massimo l'identità di gruppo.


Tra poche ore il Viper Theathre di Firenze ospiterà il release party del loro album di esordio che preederà il live del loro compagno di etichetta Cimini.
Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Francesco, il frontman del gruppo, che oltre a raccontarci il disco ci ha dato il suo punto di vista sulla musica indipendente e sul suo modo di intendere il fare musica per i Loren.


 
L. Bentrovato Francesco! Iniziamo dal principio di questa storia: parlaci un po' dei Loren, racconta chi sono ai nostri lettori!
F. I LOREN sono 5 ragazzi fiorentini legati indissolubilmente dalla birra Moretti da 66, dalla playstation 2 e dalle lunghissime discussioni inutili che terminano a notte inoltrata. Hanno tutti più o meno 27 anni e hanno iniziato questo percorso con un progetto differente da questo.
Inizialmente infatti è stato luciano Ligabue a notarci, in seguito alla vittoria del Premio De Pascale al Rock Contest di Controradio, e nel suo Zoo Studio, uno studio bellissimo a Correggio, abbiamo registrato la prima parte del nostro  lavoro. Nel disco si ritrova il clima sognante di quelle giornate e i consigli e le chiacchierate con Luciano e i suoi fonici (Alberto Paderni su tutti). Nel 2017 abbiamo poi incontrato sulla nostra strada Garrincha Dischi, con la quale abbiamo intrapreso le altre fasi della registrazione, inserendo nel disco nuovi brani che intanto continuavamo a scrivere. Al Donkey studio di Medicina, lo studio interno di Garrincha Dischi, in cui con Enrico Roberto Carota (Lo Stato Sociale) e Nicola Hyppo Roda (Keaton, Costa) sono stati perfezionati i suoni di synth e tastiere che hanno affinato il sapore elettronico degli arrangiamenti. E ovviamente al nostro fianco abbiamo sempre avuto di Alex Marton, il nostro produttore artistico che ci ha affiancato e accompagnato il gruppo come un fratello maggiore in ogni fase del disco.


 
L. Quindi mi sembra di capire che per essere una band agli esordi avete impressionato un bel po' di persone!
F. Ma io spero di sì, anche se in realtà ho incrociato alcune recensioni strane che mi lasciano un po' così!


 
L. Ma sono recensioni negative?
F. Sono tutte positive in realtà, ma oggi ne leggevo una che non ho compreso a pieno. Grandi complimenti ma alla fine della recensione si parlava di mancanza di originalità, accostando la nostra musica a quella del filone pop (o indie pop) che tanto va di moda in questo momento storico, dove può succedere che se una band imbocca il filone giusto può produrre tracce simili nello stesso disco, e arrivare a fare dischi simili tra loro. Effettivamente è indubbio che noi si sia pop, ma facciamo delle scelte, soprattutto musicalmente che ci portano a lavorare sulla singola traccia in maniera differente, ed è così che nel nostro disco si possono trovare tracce come Blister completamente acustica e la successiva, Oltre Oceano, marcatamente elettronica, e tutte rigorosamente suonate dal vivo, con per esempio un basso sinth autentico e via dicendo. Non abbiamo neanche il nostro filone interno, da canzone e canzone cambia tutto. Non vedo band simili in questo momento. È comunque stato un bell'esordio che viaggia sulle centomila visualizzazioni per un gruppo che non esisteva. Come numeri e come streaming siamo contentissimi!


 
L. Cos'è quindi per te l'indie. Identificalo con alcune caratteristiche.
F. Da dizionario, indie è tutto ciò che non viene prodotto dalle major. Esattamente noi apparteniamo al mondo indie, perché abbiamo un'etichetta indipendente. E questo è l'assunto iniziale.  Come attitudine indie nel senso moderno, vediamo invece che per esempio un Niccolò Fabi appartiene a una major ma ha un attitudine indipendente molto più spiccata per esempio dei TheGiornalisti, che invece sono sotto Carosello, etichetta indie. Detto questo, il pop è così vario che può essere indie o mainstream ed è per questo che noi ci rivolgiamo a un pubblico ampio. Non scegli il fatto di essere popolare, allo stesso tempo puoi diventare quell'artista, come Jovanotti o Cremonini, che scrive canzoni che arrivano a tutti, o essere un Vasco Brondi, che rimane di nicchia ma è ugualmente popolare.


 
L. Resta comunque il fatto che per fare arte (sia musica, che fotografia, che altro) la cosa fondamentale è quella di voler comunicare qualcosa, e riuscire a farlo bene.
F. è esattamente quello che muove la nostra musica, perché in effetti lo stile ci contraddistinguerà sempre ma a cambiare saranno le tematiche, le attitudini musicali, l'evoluzione della nostra storia che ci porterà a essere sempre diversi da noi stessi ma comunque sempre con un filo conduttore che ci caratterizza.


 
L. La componente live immagino sia per voi fondamentale.
F. I Loren nascono essenzialmente dalla voglia di fare concerti, più che quella di fare dischi, e questo te lo porti dietro. Un'altra cosa che facciamo noi è quella di provare molto prima di registrare. Per questo speriamo che molte persone vengano ai nostri concerti, perché è lì che si capisce veramente chi siamo. Il nostro produttore ci coordina, ci consiglia ma è un processo molto personale, con noi che curiamo il sound di noi stessi. È la band che deve portare la sua visione, altrimenti vengono meno anche le nuove idee.


 
L. Quando vi approcciate alle canzoni, a chi vi rivolgete?
F. Non si fa la musica per un certo pubblico, secondo me. È come fare una foto di qualcosa che ti piace, e poi ti rendi conto solo dopo che piace anche agli altri. Facciamo la musica come ci piace, poi però subentrano delle figure come il discografico che mettono il più a fuoco possibile la parte grezza, iniziale, rendendo il tutto più incisivo, più efficace.


 
L. Dal palco guardi la gente? E cosa noti?
F. La guardo, e noto un pubblico molto vario, che però non bada all'estetica, un aspetto che per noi sul palco è al ventesimo posto rispetto al resto.


 
L. Chiudo con le due domande classiche che faccio a tutti gli artisti che intervisto. Partiamo dalla prima: come definiresti la musica in tre parole?  
F. Espressione, perché ci esprimiamo con la musica e con la musica comunichiamo i nostri sentimenti; Fraternità è la seconda perché siamo in cinque e questo fa famiglia, con litigate, amore e delusioni annesse, esattamente come se avessimo un legame di sangue; e la terza parola è senz'altro Viaggio, legato essenzialmente al viaggiare per portare il più lontano possibile la nostra musica.


 
L. L'ultima domanda è quella relativa ai dischi preferiti: dammi tre album che hanno caratterizzato la tua crescita e a cui non potresti mai rinunciare.
F. L'album che ho ascoltato di più per una mia questione personale è sicuramente un disco dei Coldplay, forse Parachoute o X&Y, uno dei due; di Fabrizio De Andrè In direzione ostinata e contraria; e probabilmente un disco di Lucio Dalla, Banana Republic.


 
L'ultima domanda ha aperto poi un mondo sulle differenze di fruizione tra l'ascolto che un tempo si dedicava ai dischi fisici e al momento storico attuale che porta invece a un ascolto più superficiale, distratto, attraverso lo streaming. Un mondo così vasto che dovremmo dedicargli pagine e pagine, invece ci piace lasciare al lettore uno spunto su cui riflettere alla fine di questa intervista.


Intervista a cura di Luigi Rizzo
Copywriting a cura di Angela De Simone

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