Nightguide intervista i Pashmak

Nightguide intervista i Pashmak


Atlantic Thoughts, il nuovo disco dei milanesi Pashmak, è uscito il 18 gennaio per Manita Dischi, preceduto dal primo singolo Harp. Nati nel 2014, i Pashmak hanno origini siciliane, lucane, statunitensi e iraniane, e sono approdati al nuovo lavoro dopo il primo disco del 2016, Let the water flow, e l'EP Indigo del 2016. Abbiamo parlato con loro del disco, del tour e della loro musica.


Prima domanda, un po' generale: in un momento in cui sembra che ogni nazione abbia voglia di rafforzare i propri confini la sola esistenza di una band che viene da mezzo mondo come la vostra è quasi una dichiarazione politica: che ne pensate?
Damon: io non posso parlare perchè ho il sangue misto come una zuppa e per sentire i confini dovrei tipo splittarmi in mille identità diverse. Sto lavorando sul riuscire a raggiungere una mia identità unitaria in cui ogni versione culturale di me lavora in armonia con le altre. Già così è abbastanza complesso.
Martin: vista così è una prospettiva un po' impegnativa! Di sicuro lavoriamo molto per realizzare una musica che vada oltre i confini nazionali.


Il vostro nome significa come la lana in persiano: deriva da un modo di dire? Cosa significa? E come si è formato il gruppo?
Damon: era un dolce che mi faceva mangiare mio padre quando ero piccolo, all'epoca ascoltavo l'officina della camomilla, avevo proposto “gli artigiani dei sogni” come nome del gruppo poi per grazia divina i ragazzi mi hanno fermato. Pashmak significa anche zucchero filato che non era poi tanto diverso da “le caramelle fluo” che era l'altra mia idea geniale.
Martin: Io e Antonio siamo entrati nel gruppo in un secondo momento. Diciamo che si fossero  chiamati “caramelle fluo” ci saremmo fatti qualche domanda.


Il vostro nuovo disco, Atlantic Thoughts, è appena uscito: ci potete raccontare qualcosa sul titolo e sulla musica?
Damon: è un disco che alterna stati di coscienza subacquei con hit alt-pop.


Vi hanno definito la versione balcanica di Nick Cave, ma quali sono le vostre influenze quando si tratta di comporre?
Martin: credo che il gruppo sia in una fase per cui il rapporto con le nostre influenze musicali è molto meno meccanico che in passato. I nostri ascolti, qualsiasi essi siano, e il nostro gusto individuale sono al centro di un confronto continuo, ormai spontaneo, dal quale nascono i nostri brani.


Avete suonato sul palco del Ment, con in cartellone ospiti come Algiers e molti altri. Come è andata, e avete altre date live in arrivo?
Martin: quando la sala si è incominciata a riempire ci siamo un po' cagati addosso. Ma come spesso accade in questi casi ciò che l'emozione toglie in termini di concentrazione restituisce moltiplicato sotto forma di energia. C'è il release party del disco nuovo il 19 a Milano!
Damon: ci siamo andati un po' all'avventura, era prima dell'avvento dell'Italia Music Export office quindi non siamo riusciti a trarne tutti i vantaggi che avremmo potuto se avessimo saputo cosa stavamo per andare a fare. In compenso abbiamo conosciuto i Blue Crime.


Quali sono i vostri tre dischi preferiti in assoluto? 
Damon: Love songs for Robots di Patrick Watson, qualsiasi canzone dei Doors, i Led Zeppelin.
Martin: In Rainbows dei Radiohead,Music for 18 musicians di Steve Reich, il quartetto di Ravel registrato dal quartetto Hagen.


Avete qualche consiglio per chi inizia a fare musica adesso?
Damon: Fate un altro lavoro in parallelo che vi dia la serenità di poter fare il cacchio che volete con la musica. Date la priorità al processo piuttosto che al risultato.
Martin: cercate sempre di avere presente perché fate musica e quali sono davvero le priorità, supererete qualsiasi difficoltà.
 

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