
Nightguide intervista Daniel Posniak
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28/08/2019 | valentina-ceccatelli
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Daniel Posniak si affaccia nel mondo della musica con Over You: giovanissimo cantautore bresciano, Daniel ha già alle spalle diversi live e una bella dose di determinazione. A solo 17 anni, nato da madre italiana e padre sudafricano, Daniel Posniak è uscito con un sincolo pop/dance contaminato di raggaeton che racconta l'estate, con il suo divertimento e le sue storie brevi ma significative. Il video, girato da Giovanni Riviera, lo vede trascorrere una giornata in piscina e luna park, lontano dagli impegni quotidiani, con la ragazza e i suoi amici.
Il sogno di Daniel Posniak, però, resta l'America: dopo aver girato per il mondo, conoscendo nuove storie e culture, è diventato quello il suo paese d'isporazione con artisti come Justin Bieber e Post Malone.
Over you è uscito da poco, e ha tutte le carte in regola per diventare il tormentone dell'estate 2019: è a questo che punta, o hai in serbo altre cartucce anche per l'autunno in arrivo? Cosa ci dobbiamo aspettare da te?
Quando è nato “Over You” era proprio quello che volevo diventasse: un tormentone estivo. Non smetto mai di scrivere canzoni. In autunno uscirà sicuramente un altro singolo e il mio obiettivo è riuscire a comporre un EP.
Hai 17 anni, e so che per alcuni possono sembrare pochi per buttarsi in questa carriera, ma la verità è che non credo ci sia un'età giusta per buttarsi nella musica. Cosa ti ha spinto a comporre, come mai hai deciso che il tuo modo di esprimerti fosse la musica?
Ho compiuto i 17 a luglio quest'anno. Per iniziare a pensare ad una carriera nel canto penso non ci sia effettivamente un'età giusta. Mi è sempre piaciuto cantare, mi piace stare sul palco e l'adrenalina. Mi piace scrivere le mie canzoni, esprimere ciò che provo e forse anche un po' la mia timidezza la supero con la musica e con il canto.
So che hai girato parecchio, e che ti è rimasta addosso l'America, infatti vorresti far arrivare la tua musica fin laggiù: cosa c'è che ti attrae così tanto negli USA, e quale pensi sia la ricetta giusta per riuscirci? So anche che tuo padre è sudafricano: sei stato in Sud Africa, e hai assorbito un po' della musica di quel paese?
L'America è un sogno, ma sono convinto che prima o poi ci arrivo. Mi piacciono gli artisti americani, la loro musica, la loro lingua mi ha sempre affascinato e cantare in inglese mi aiuta a trasmettere ciò che penso. Non so se ci sia una ricetta, ma a breve andrò negli Stati Uniti e inizierò a produrre qualcosa anche lì per avvicinarmi di più a quel mondo.
Sono stato in Sud Africa. È un paese fantastico, chi ci va almeno una volta ci deve per forza ritornare (sì, è il famoso “mal d' Africa”). Forse ci andrò a dicembre con la mia famiglia. La musica del Sud Africa è molto particolare. È morto di recente Johnny Clegg, un cantante sudafricano, che ho ascoltato molto crescendo ed è sempre stato un grande artista seguito da mio padre.
Domanda collegata a quella precedente: credi che l'Italia offra meno opportunità rispetto agli USA per i giovani musicisti? E hai mai pensato di prendere passaporto e valigia e spostarti per il bene della tua musica?
L' Italia è il paese dove sono nato e spero un giorno di venir apprezzato anche nel mio paese natale. In Italia è tutto molto complesso ma con tanta costanza ed impegno penso sia possibile raggiungere i propri sogni.
Penso spesso di andare negli Stati Uniti e, come dicevo prima, a breve andrò per provare a produrre, per farmi un po' di esperienza.
So che hai già suonato dal vivo, ci racconti come ti senti quando sei sul palco, e la reazione delle persone che vengono a vederti?
Il palco è tutto per un cantante, prima di salirci ho la tachicardia, ma una volta rotto il ghiaccio non vorrei più scendere. Sono ancora alle prime armi e il pubblico che mi ascoltava non mi conosceva ancora, però devo dire che sono riuscito a coinvolgerli e nessuno è scappato, quindi è stato un successo. La sensazione che mi rimane dopo un live è la voglia di ricominciare a cantare.
Domanda che odiano tutti, ma non mi esimo: quasi sono i tuoi tre dischi preferiti in assoluto?
“Purpose” di Justin Bieber, “Beerbongs and Bentleys” di Post Malone, “Astroworld” di Travis Scott.
Il sogno di Daniel Posniak, però, resta l'America: dopo aver girato per il mondo, conoscendo nuove storie e culture, è diventato quello il suo paese d'isporazione con artisti come Justin Bieber e Post Malone.
Over you è uscito da poco, e ha tutte le carte in regola per diventare il tormentone dell'estate 2019: è a questo che punta, o hai in serbo altre cartucce anche per l'autunno in arrivo? Cosa ci dobbiamo aspettare da te?
Quando è nato “Over You” era proprio quello che volevo diventasse: un tormentone estivo. Non smetto mai di scrivere canzoni. In autunno uscirà sicuramente un altro singolo e il mio obiettivo è riuscire a comporre un EP.
Hai 17 anni, e so che per alcuni possono sembrare pochi per buttarsi in questa carriera, ma la verità è che non credo ci sia un'età giusta per buttarsi nella musica. Cosa ti ha spinto a comporre, come mai hai deciso che il tuo modo di esprimerti fosse la musica?
Ho compiuto i 17 a luglio quest'anno. Per iniziare a pensare ad una carriera nel canto penso non ci sia effettivamente un'età giusta. Mi è sempre piaciuto cantare, mi piace stare sul palco e l'adrenalina. Mi piace scrivere le mie canzoni, esprimere ciò che provo e forse anche un po' la mia timidezza la supero con la musica e con il canto.
So che hai girato parecchio, e che ti è rimasta addosso l'America, infatti vorresti far arrivare la tua musica fin laggiù: cosa c'è che ti attrae così tanto negli USA, e quale pensi sia la ricetta giusta per riuscirci? So anche che tuo padre è sudafricano: sei stato in Sud Africa, e hai assorbito un po' della musica di quel paese?
L'America è un sogno, ma sono convinto che prima o poi ci arrivo. Mi piacciono gli artisti americani, la loro musica, la loro lingua mi ha sempre affascinato e cantare in inglese mi aiuta a trasmettere ciò che penso. Non so se ci sia una ricetta, ma a breve andrò negli Stati Uniti e inizierò a produrre qualcosa anche lì per avvicinarmi di più a quel mondo.
Sono stato in Sud Africa. È un paese fantastico, chi ci va almeno una volta ci deve per forza ritornare (sì, è il famoso “mal d' Africa”). Forse ci andrò a dicembre con la mia famiglia. La musica del Sud Africa è molto particolare. È morto di recente Johnny Clegg, un cantante sudafricano, che ho ascoltato molto crescendo ed è sempre stato un grande artista seguito da mio padre.
Domanda collegata a quella precedente: credi che l'Italia offra meno opportunità rispetto agli USA per i giovani musicisti? E hai mai pensato di prendere passaporto e valigia e spostarti per il bene della tua musica?
L' Italia è il paese dove sono nato e spero un giorno di venir apprezzato anche nel mio paese natale. In Italia è tutto molto complesso ma con tanta costanza ed impegno penso sia possibile raggiungere i propri sogni.
Penso spesso di andare negli Stati Uniti e, come dicevo prima, a breve andrò per provare a produrre, per farmi un po' di esperienza.
So che hai già suonato dal vivo, ci racconti come ti senti quando sei sul palco, e la reazione delle persone che vengono a vederti?
Il palco è tutto per un cantante, prima di salirci ho la tachicardia, ma una volta rotto il ghiaccio non vorrei più scendere. Sono ancora alle prime armi e il pubblico che mi ascoltava non mi conosceva ancora, però devo dire che sono riuscito a coinvolgerli e nessuno è scappato, quindi è stato un successo. La sensazione che mi rimane dopo un live è la voglia di ricominciare a cantare.
Domanda che odiano tutti, ma non mi esimo: quasi sono i tuoi tre dischi preferiti in assoluto?
“Purpose” di Justin Bieber, “Beerbongs and Bentleys” di Post Malone, “Astroworld” di Travis Scott.
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