Nightguide intervista Danti. l’autore e produttore più richiesto e cool del momento, mette ora a segno un altro colpo.

Nightguide intervista Danti. l’autore e produttore più richiesto e cool del momento, mette ora a segno un altro colpo.

E' online 3 luglio, il videoclip di “Liberi”, il singolo di Danti con Raf e Rovazzi, già in radio e nei digital store per Time Records

Come ci ha abituati in quest'ultimo periodo, Danti continua la collaborazione con gli artisti tra i più amati del panorama italiano, inanellando una hit dopo l'altra. Dopo le recenti Canzone sbagliata, con Luca Carboni e Shade, e Tu e D'Io con J-Ax e Nina Zilli, il rapper nato con Two Fingerz, diventato l'autore e produttore più richiesto e cool del momento, mette ora a segno un altro colpo.
 
Ci sono sempre degli incastri magici dietro ogni disco di successo, un'idea, un testo, una melodia, che, per qualche motivo, in quel dato momento, rende quella canzone speciale, magica. È il caso di Liberi. Nata mesi fa quando l'emergenza Covid non era nemmeno immaginabile, esce in contemporanea con questo strano ritorno alla normalità. Non siamo ancora definitivamente “liberi", ma il brano interpreta bene lo spirito di questo periodo. La canzone vuole essere di buon auspicio, candidandosi ad essere la colonna sonora ideale di questa anomala estate 2020.


Parliamo del nuovo singolo appena uscito: possiamo dire che mi sono trovato sul nascere di questo pezzo.
Puoi dirlo forte, è già un annetto che ci lavoriamo. Avevamo già messo le voci all'epoca del nostro scorso incontro.

Eh sì, ci stiamo riferendo al concerto di chiusura di Raf e Tozzi all'Arena di Verona, quando ancora c'erano i concerti...(ride). Questo brano è nato prima dell'emergenza Coronavirus ma tu nel testo hai inserito la parola “lockdown”: è un adattamento post-Covid-19?
L'ho riadattata ma è un riferimento ad un brano di Kanye West che si chiama “Love Lockdown”, del 2008, contenuto all'interno di un album intitolato “808s & Heartbreak”. Io ho messo questa rima che fa riferimento al cuore rotto, all'808 (una batteria elettronica) e al periodo del lockdown in cui mi sono innamorato: da un lato una sfiga, ma dall'altro ho passato bene la quarantena. Ecco perché “love lockdown” mi sembrava la cosa più giusta da inserire.

Dopo tutte queste collaborazioni, la gente inizia a riconoscerti?
Onestamente, sì. Più la gente ti vede, più vai per strada e ti ferma. Quando ero nei Two Fingerz capitava meno, perché non siamo mai stati un fenomeno nazionalpopolare.

Coi Two Fingerz hai fatto sei album, vero?
Sì, sei album e tre mixtape, sono uno prolifico.

Quando avevi il gruppo, era un fenomeno più per giovanissimi: quell'esperienza poi è finita e hai intrapreso nuove strade.
La prima cosa fatta dopo i Two Fingerz è stata “Che ne sanno i 2000” con Gabry Ponte. Da lì in poi, con Rovazzi e “Andiamo a comandare” c'è stato uno sdoganamento: ho fatto anche cose semplici, stupide e leggere, ma sempre con un retropensiero e con la voglia di osare. C'è sempre un'unicità dietro. In quest'estate 2020, che è l'estate del reggaeton, uscirà un pezzo house: questo per me è osare e fare la differenza.

Grazie alla tua collaborazione con Raf, adesso magari molti ragazzi che ti seguono avranno la curiosità di conoscere e seguire anche lui, anche se magari non capiranno la citazione del “Mi manchi come la musica house” praticamente portata da Raf in Italia.
 Non solo la musica house: nella versione extended di “Self Control”, Raf ad esempio rappa alla fine. A differenza di tanti altri, lui fa pop in versione cool e avanti nel tempo.

Raf era ed è davvero avanti. Inoltre, è una persona meticolosissima e selettiva per le sue collaborazioni.
E ha una vocalità incredibile. Sta avvenendo un ritorno alle origini a mio avviso: non che le produzioni house di questi anni non siano belle, ma Raf sulla musica house mi emoziona. Avevo bisogno di ripartire da zero e questa collaborazione mi è servita per capire cosa voglio fare nella mia vita, cosa voglio fare “da grande”. Io voglio riuscire a fare il produttore, non mi interessa la fama: la fama è solo una conseguenza di quello che hai fatto di buono nel tuo lavoro.

Io ti conosco e so che sei così: non ti prendi sul serio, fai finta di essere molto leggero quando poi si capisce da come parli che sei tutto tranne che leggero...
Io sono un'incudine che vola, fratello.

C'è stato qualcosa che ti ha spinto ad un certo punto a metterci la faccia, oltre le parole?
Volevo fare l'autore: per un paio d'anni ho lavorato solo per gli altri e mi sono fermato con le mie cose perché ero un po' deluso da quello che era il mercato. Non trovavo un riscontro con quello che volevo fare. Ho iniziato così a fare l'autore per due o tre anni ed è così che poi sono ritornato a cantare: ho capito che io non sono un autore e non mi piace l'autorato degli ultimi dieci anni in Italia perché lo trovo spersonalizzante nei confronti degli artisti. Ho iniziato a portare avanti il mio concetto di autore, che è più vicino a quello di un producer anni '90: quello che ti idea la canzone, te la mette in piedi, ti dice come farla, ti dà l'idea del video e coordina il pacchetto dall'inizio alla fine senza interesse monetario, ma con un interesse per la musica. La discografia italiana, invece, ha puramente interessi monetari. Se creiamo successi discografici ma poi non c'è gente sotto il palco... beh, non è quello che voglio fare nella vita. Quando tu senti una mia canzone riconosci la tipologia di scrittura, ma la canzone di Raf non è uguale alla canzone di Rovazzi, la canzone di Nina Zilli non è uguale alla canzone di Danti: sono diverse. Io non scrivo canzoni per gli altri, io scrivo canzoni CON gli altri cercando di tirare fuori il meglio da tutti.



Però c'è un marchio di fabbrica. L'uso delle parole.
Certo, per un orecchio attento c'è. Comunque, se prendiamo “Andiamo a comandare” e la diamo a Mengoni, non andiamo da nessuna parte. La sensazione che ho con la musica italiana, invece, è che se do una certa canzone a un artista o un altro, viene fuori sempre una hit. Non è questo però il modo di fare musica.

E la canzone di Nina Zilli “Tu e D'Io”?
È mia e anche in questo caso non ho mandato la canzone dicendo “Così deve essere”, ma abbiamo cambiato alcune parole perché se una persona si inserisce nella tua canzone, dev'essere anche sua quella parte e deve avere una vocalità adatta a lei e delle parole che riesce a sentire sue. Con Nina abbiamo registrato il pezzo in collaborazione ed è andata molto bene.

Negli ultimi anni hai sempre anticipato il futuro almeno di qualche mese. Secondo te come si uscirà dall'impasse in cui siamo entrati a causa del Covid-19?
Secondo me ci saranno delle conseguenze sia positive che negative. A me fa ridere quando sento parlare di “Torneremo alla normalità”. Non c'è la normalità, anche perché abbiamo passato una condizione mentale che non ci riporterà alla situazione di prima. D'ora in poi, quando uno ti starnutisce addosso, sarai più impanicato del solito, avrai più paura. Secondo me ritorneremo a una normalità alternativa 2.0.

Io intendo anche da un punto di vista artistico. Molti artisti si stanno facendo portavoce dei tecnici e dei lavoratori dello spettacolo.
Io ti dico cosa faccio io, poi non giudico gli altri. Tu sei un artista e vuoi un po' sopperire a questo periodo di merda. Ci sono due modi: 1) Facendo i cartelli e le petizioni; 2) Mantenendo il tuo status a pieno regime anche se c'è il Covid. Io ho fatto così e quello che mi fa girare le palle è che molto spesso c'è uno schierarsi coi più deboli, ma poi se andiamo a zoomare... quanti hanno dato una mano a quelli che non lavorano? Lo stipendio a loro arrivava a fine mese? Se la risposta è sì, allora grazie agli artisti che hanno fatto collette e cartelli; se, invece, dato di fatto, non è andata così, io vedo solo una serie di foglietti con su scritto “Noi siamo con voi”, ma poi nel concreto non c'è niente.

Parlando dei live, ti immagini una tua dimensione live prossimamente?
Sì. Io la dimensione live l'ho sempre vissuta come una festa itinerante e divertente. In un momento come questo sarà difficile organizzarla, ma in ogni caso portare in giro la mia musica è una cosa che voglio fare da un sacco di tempo. Sicuramente ci saranno situazioni live.

C'è una collaborazione nel cassetto a cui aspiri?
In realtà, mi sono tolto tutti gli sfizi che avevo. Mi piacerebbe però collaborare con due artisti italiani con cui sono cresciuto ma che non ti dirò per scaramanzia. In ogni caso posso dirti che sono molto affezionato alla vocalità e alle emozioni.

Infatti ricordo che all'Arena di Verona eri emozionato nell'incontro con Raf.
Sì, era proprio così. Sono venuto a Verona apposta per salutarlo ed ero emozionato.

Tre parole per descrivere cosa rappresenta la musica nella tua vita.
Sole, cuore, amore (*ride). Comunque direi passione, che è fondamentale; tormento, perché comunque avere la testa sempre lì è un danno; la terza cosa forse è l'insoddisfazione, che è quella che mi porta a fare bene e andare avanti.

I tre dischi che hanno segnato la tua vita?
“Nevermind” dei Nirvana, per forza. Hip-hop ne ho parecchi che non riesco a mettere in una compilation precisa, è difficile, ma ti direi “Blackout!” di Method Man & Redman. Poi direi anche Eminem e Kanye West.


Intervista a cura di Luigi Rizzo.
 
 
 

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