Incontro con lo scrittore Michael Phillips, autore del libro A Belfast Boy

Incontro con lo scrittore Michael Phillips, autore del libro A Belfast Boy

Michael Phillips è nato a Belfast nel 1975 e vive a Bologna. Ha conseguito la qualifica di ingegnere aeronautico in British Airways nel 1996. Nel settembre dello stesso anno viene arrestato dalle forze speciali britanniche con l'accusa di terrorismo prima di essere rinchiuso per quindici mesi in un penitenziario di massima sicurezza. Al processo sarà assolto. Dopo essersi laureato in Tedesco e Spagnolo, dal 2005 vive a Bologna producendo pubblicazioni in lingua inglese. Ha lavorato ad alcune campagne elettorali locali come consulente e presta il proprio tempo come volontario in alcuni centri sociali bolognesi. Pubblica il romanzo autobiografico “A Belfast Boy” (Homeless Book, 2020).
 
«Di cosa parla il tuo memoir A Belfast boy?».
Si tratta della mia autobiografia, di come sono vissuto e cresciuto a Belfast durante i Troubles fino al mio arresto a Londra, poco dopo essere andato via da casa all'età di 18 anni. La prima parte racconta le gioie e i dolori del crescere nel bel mezzo di una guerra per l'indipendenza. Da una parte è liberatorio, nel senso che succedono un sacco di cose folli e incredibili, ma è anche spaventoso, perché morte e miseria sono sempre alla porta. La seconda parte racconta il mio arresto, il periodo in prigione e gli anni successivi alla scarcerazione. Purtroppo, non ho riportato molte storie che rivelerebbero un contrasto ancora maggiore sulla mia vita. O almeno, non l'ho ancora fatto. Ci sono varie ragioni alla base di questa scelta, inclusa una questione di natura legale. Spero, in futuro, di potere pubblicare un nuovo libro che riempia i molti spazi vuoti lasciati da “A Belfast Boy”.
 
«Quali sono i motivi che ti hanno spinto a scrivere la tua opera?».
Ho sempre desiderato raccontare la mia storia, perché penso che sia interessante da molti punti di vista e non solo da quello politico. Strana, pazza, divertente, triste; è una storia che ha le caratteristiche tipiche di un romanzo. Eppure, è una storia che molti nordirlandesi hanno realmente vissuto sulla propria pelle solo pochi di anni fa. Ho più di venti nipoti che non hanno assolutamente idea di cosa abbia passato la mia famiglia (i loro padri e le loro madri). Anche per questo ho voluto lasciare loro qualcosa, per aiutarli finalmente a capire quello che noi abbiamo vissuto all'epoca.
Il motivo per cui alla fine ho deciso di rendere pubblica la mia storia nel 2017 è legato a un amico che mi ha convinto a scrivere. Fino a quel momento, solo pochissime persone conoscevano veramente il mio passato e mi sono convinto che molti altri avrebbero potuto apprezzare quanto avevo da raccontare.
 
«Qual è stato il momento della tua vita in cui hai avuto più paura di non farcela? Puoi condividerlo con noi?».
Come emerge dal libro, fin dalla più tenera età mi sono ritrovato in situazioni incredibili, in cui la mia vita sembrava essere pericolosamente in bilico. Sono sempre stato un bambino curioso e avventuroso, il che mi ha portato spesso a ritrovarmi in situazioni rischiose, dalle quali fortunatamente sono sempre scampato solo con qualche livido. Ma il periodo prima e durante la mia reclusione a Londra è stato un diverso tipo di “avventura”.
Ad essere onesto, ho sempre pensato che non sarei vissuto oltre i vent'anni. È un tema che non posso approfondire in questo contesto, ma conoscendo le azioni delle forze di sicurezza britanniche nei confronti degli attivisti repubblicani, era abbastanza ovvio che non si sarebbero fermati davanti a nulla pur di eliminarci. Erano i nostri nemici. E noi eravamo i loro. Spesso il nostro destino era nelle mani di qualcun altro.
Quindi, sì, c'è stato un momento durante il mio arresto in cui sono stato sollevato nel vedere che ero ancora vivo (soprattutto perché, poche ore dopo, ho saputo che la polizia aveva sparato a un mio amico, uccidendolo). C'è stato un altro momento particolare, quando ero in prigione. Sei guardie carcerarie stavano abusando di me fisicamente: mi tenevano nudo a terra e uno di loro mi bloccava la testa. Per qualche minuto non sono riuscito a respirare. In quel preciso istante ho pensato di essere sul punto di morire. Non era tanto la paura, quanto la delusione di morire in un modo così stupido. Ma anche questo faceva tutto parte di una guerra sporca.
Non molto tempo dopo essere uscito di prigione ho avuto anche l'impressione di venire guardato come un assassino. Per un certo periodo questa sensazione mi ha reso piuttosto ansioso. È una storia lunga, che non posso raccontare ora per intero. Un giorno, forse. Sapevo che quanto stava accadendo dipendeva dal mio coinvolgimento politico come repubblicano. Lo capivo, ed ero preparato al peggiore degli epiloghi.
 
«Il 23 novembre 2017 è una data importante per te. Vuoi spiegarcene le ragioni? Cosa è cambiato nella tua vita quel giorno, e qual è stato l'impatto sulle persone che ami?».
Questa data si riferisce all'uscita dell'articolo del Corriere di Bologna, che per primo ha pubblicato la mia storia. Sì, è un momento importante nella mia vita, perché è stata la prima volta in 20 anni che ho svelato alle persone a me vicine chi ero veramente e cosa ho passato. La pubblicazione dell'articolo è stata per me un enorme sollievo. Finalmente mi ero tolto di dosso un pesante fardello. Per la prima volta mi sentivo davvero libero. Per la mia famiglia, invece, è stato come se fosse esplosa una bomba! Non erano preparati. Tra di noi non avevamo mai parlato di quello che avevo vissuto. È stato difficile per loro e per me discuterne insieme, forse perché si sentono in parte responsabili di quanto è accaduto, il che è completamente assurdo dal momento che ho sempre preso le mie decisioni in autonomia. Io sono il solo responsabile delle mie azioni. Mia madre è quella che ha subito il colpo più duro. Come spiego nel libro, si è sentita imbarazzata da alcuni dettagli che ho riportato sulla nostra vita privata, sebbene siano tutti veri. La sua vita ha avuto dei momenti estremamente difficili e immagino che la pubblicazione della mia storia abbia fatto apparire gli eventi legati al mio arresto come il riflesso del suo fallimento come madre. Ci è voluto un po' prima che riuscissimo a spiegarci, ma alla fine è andato tutto bene.
 
«Vuoi parlarci dell'importante figura dell'attivista nordirlandese Bobby Sands? Cosa ha significato per te e per il tuo percorso?».
Avevo solo sei anni quando Sands è morto durante lo sciopero della fame. Ricordo, tuttavia, che l'atmosfera a Belfast pareva essere cambiata all'improvviso. Sono passati diversi anni prima che io capissi chi e cosa Sand rappresentasse veramente. Raramente nella mia famiglia si parlava di politica, altro motivo per cui il mio interesse per l'attivismo politico è emerso in ritardo rispetto alla maggior parte dei ragazzi di Belfast dell'epoca.
Questo personaggio “mitologico”, una volta che l'ho conosciuto, mi ha incuriosito sempre di più. Stranamente, però, è più venerato a livello internazionale che in patria, per il semplice fatto che un grande numero di parenti stretti, amici e vicini sono morti o sono stati uccisi durante i Troubles. L'efficacia di Sands nel dimostrare che la nostra non era solo una lotta politica, ma anche culturale, ha avuto un grande influsso su di me. La sua dedizione all'arte e alla poesia mentre moriva di fame è qualcosa di estremamente ammirevole. Almeno per me. Questo atto disinteressato nell'affermare la necessità di proteggere la nostra lingua irlandese - o Gaelige - la nostra eredità letteraria e persino i nostri sport tipici era la dimostrazione che i repubblicani non erano solo affamati di guerra, ma che stavamo in realtà cercando di difendere le nostre anime celtiche dalla furia divoratrice dell'Impero britannico.
 
«Considerando tutte le esperienze che hai vissuto, ci sono dei casi nei quali la violenza è giustificata, o bisognerebbe sempre trovare un'alternativa pacifica?».
Il pacifismo è un'ideologia meravigliosa. Ed è certamente un principio lodevole, se una persona è in grado di vivere secondo i suoi ideali. Cerco spesso di aiutare chi non ha mai vissuto una situazione simile alla nostra ad immedesimarsi in una scena di vita: un giorno militari o poliziotti stranieri bussano alla porta e iniziano a imporvi come vivere. Un altro giorno, poi, per un qualsiasi motivo, arrestano un membro della vostra famiglia che potrebbe anche essere ucciso, per errore o di proposito. Allora, come reagireste? Adesso aumentiamo il grado potere che militari e poliziotti hanno su di voi: diamo loro il pieno controllo legislativo. A questo punto non potrete più ottenere giustizia se vi viene fatto un torto. Ancora non reagireste?  Le ingiustizie sociali, economiche e politiche erano condizioni del tutto normali per noi sotto il dominio britannico, e il fatto che nessun altro paese venisse in nostro aiuto significava che dovevamo combattere. È comprensibile e facile guardare alla nostra situazione e pensare che la violenza sia stata la scelta sbagliata. Ma quando come persona devi sottostare fisicamente alle minacce di un nemico più grande e più forte, le carte da giocare sono davvero poche. I negoziati per la pace devono essere sempre una possibilità da vagliare. Se si possono salvare vite umane semplicemente parlando e cercando di raggiungere un accordo reciproco, allora è una strada da perseguire. Nel mondo moderno, nel tempo attuale, la tecnologia è cambiata. Il mondo ha subito cambiamenti radicali nell'arco di pochi anni e i vecchi metodi di lotta contro i governi e le istituzioni sono ormai storia passata. Inoltre, oggi la società ha maggiore potere e le persone hanno modalità straordinarie per reagire senza nemmeno dover alzare il pugno.
 
«Hai avuto una vita davvero avventurosa, nel bene e nel male. Cosa desideri per il futuro, sia tuo che della tua patria?».
Per il futuro del mio paese, naturalmente, spero nell'unificazione, e spero che il governo britannico abbandoni l'isola definitivamente e in modo unilaterale. Spero che lasci la nostra gente dell'isola d'Irlanda libera di determinare il proprio destino. Spero che alla fine comprendano che vogliamo tutti la stessa cosa: lavorare, guadagnarci da vivere, avere una famiglia e godere di buona salute. Per quanto mi riguarda, ho finalmente iniziato a stabilirmi in un paese che amo e apprezzo... sebbene anche qui ci siano diversi problemi! Trovare un buon lavoro è quasi impossibile. Ho sempre promosso la città di Bologna pubblicando, ad esempio, una guida turistica e un giornale in inglese. Per il futuro spero di assumere un ruolo maggiore, magari attraverso la politica, nel promuovere attivamente questa città. Sono convinto che ci siano molti modi in cui noi residenti stranieri possiamo apportare un contributo migliorativo: collaborando e condividendo idee e risorse potremmo fare di Bologna un punto di riferimento per l'Italia e per il mondo intero.
 
 
Titolo: A Belfast Boy
Autore: Michael Phillips
Genere: Romanzo autobiografico a sfondo storico/politico
Casa Editrice: Homeless Book
Traduzione: Silvia Agogeri
Pagine: 248
Prezzo: 15,00 €
Codice ISBN: 978-88-327-61-177
 
Contatti
www.facebook.com/pg/michaelphillipsbo
www.homelessbook.it
www.bit.ly/presentazione-a-belfast-boy
www.homelessbook.it/catalogo/a-belfast-boy-(brossura)/2495
www.amazon.it/Belfast-Troubles-nellIrlanda-Italia-dellIRA/dp/8832761173
www.ibs.it/a-belfast-boy-dai-troubles-ebook-michael-phillips/e/9788832761184
 
 

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