Intervista a Eva Henger in merito alla riedizione dell’autobiografia di Riccardo Schicchi “Oltraggio al pudore”.

Intervista a Eva Henger in merito alla riedizione dell’autobiografia di Riccardo Schicchi “Oltraggio al pudore”.

La redazione dell'ufficio stampa Diffondi Libro (https://www.diffondilibro.it/) ha incontrato Eva Henger per una piacevole chiacchierata sul libro di Riccardo Schicchi.
Riccardo Schicchi è nato ad Augusta, in Sicilia, nel 1952 ed è morto prematuramente a Roma nel 2012. Fotografo, produttore, regista e talent scout, è ad oggi considerato una delle figure più influenti del cinema per adulti in Italia. Fondatore della celebre casa di produzione Diva Futura, ha segnato un'epoca nel panorama del cinema hard, caratterizzandosi per il suo approccio audace e anticonformista; Schicchi è stato un innovatore nel modo di raccontare la sessualità, rompendo tabù e sfidando le convenzioni sociali..Ha sposato l'attrice, modella e imprenditrice Eva Henger nel 1994.
   
«“Oltraggio al pudore” è uscito per la prima volta nel 1995, riscuotendo un grande successo, e viene ora riproposto in una nuova edizione aggiornata, a trent'anni esatti dalla prima pubblicazione. Perché è stato deciso di ripubblicare l'opera a distanza di tanti anni, e quali cambiamenti sono stati apportati rispetto alla versione originale?»
Viene ripubblicato il libro Oltraggio al pudore di Riccardo Schicchi, in parte per celebrare il trentesimo anniversario dalla sua prima uscita e, dall'altra, per accompagnare l'uscita del film Diva futura, che racconta la vita dietro le quinte di Riccardo, la mia e quella delle sue artiste, perciò con l'uscita del film che si basa in larga parte proprio su Oltraggio al pudore ci è sembrato giusto offrire al pubblico la possibilità di riscoprire questo libro.
 
«Lei ha curato questa nuova edizione dell'opera, scrivendone anche la postfazione: che emozioni ha provato quando ha riletto le parole del suo ex marito, a cui è stata accanto nella malattia e fino alla fine dei suoi giorni?»
È stato emozionante rileggere questo libro a distanza di trent'anni. Le parole mi sono risuonate in modo completamente diverso: io sono cambiata, sono maturata, ho rivisto tante cose nella mia vita e forse oggi, rispetto ad allora, l'ho letto con maggiore consapevolezza. Il libro è rimasto identico all'originale, non è stato modificato. L'unica novità è l'aggiunta di una prefazione scritta da Debora Attanasio, storica segretaria di Riccardo, e di un epilogo che raccoglie alcuni miei ricordi personali su di lui e su ciò che è accaduto dopo. Alla fine abbiamo inserito una breve nota, ma Oltraggio al pudore resta lo stesso libro di allora.
 
«Leggendo questa autobiografia, emerge il ritratto di un uomo diretto e sincero, oltre che sognatore e follemente geniale. Lei sa quali sono stati i motivi che hanno spinto Riccardo Schicchi a scrivere le sue memorie quando era ancora così giovane? Era forse il suo modo di rispondere alle critiche che gli venivano continuamente mosse, fronteggiando così l'ipocrisia di chi non sopportava la sua lotta per la libertà espressiva, sia in termini di pensiero che di sessualità?»
Riccardo soffriva di diabete di tipo A e ha sempre avuto la sensazione di non vivere a lungo. Parliamo di trent'anni fa, quando le cure non erano ancora così avanzate: l'unica soluzione proposta era somministrare insulina in grandi quantità. Il medico gli prescrisse fino a quattro iniezioni al giorno. Solo negli ultimi tempi, grazie all'aiuto di un'infermiera molto competente specializzata nel trattamento del diabete, siamo riusciti a bilanciare la sua alimentazione con le punture, riducendo così il dosaggio dell'insulina. L'insulina è un farmaco miracoloso perché salva la vita di chi ha il diabete, ma se usata in modo scorretto può diventare un veleno, danneggiando gravemente l'organismo. Quando gli venne proposta la pubblicazione del libro, Riccardo colse subito l'occasione per raccontare la sua storia, forse anche perché era consapevole della fragilità della sua salute. Questo non significa che non amasse la vita: Riccardo la adorava. Era un salutista, amava l'amore, la bellezza, e viveva in un mondo fatto di nuvole rosa, fiori e gioia. Non sognava una vita così: se l'era costruita, nel condominio in cui viveva insieme alle sue artiste. Ha vissuto tante vite in una sola. È morto troppo presto, a soli 59 anni, ma in quei 59 anni ha vissuto quanto dieci persone messe insieme. Non si fermava mai, era sempre attivo: anche quando non c'era nulla da fare, restava in ufficio fino a notte fonda, nel suo studio fotografico, a scattare senza sosta. Riccardo voleva vivere, sempre.
 
 
«Alla luce della carriera innovativa di Riccardo Schicchi, qual è stata la portata della sua eredità artistica, e quanto ha influito il suo lavoro sulla percezione della pornografia e della sessualità nella contemporaneità
Vorrei pensare, e credo che anche lui avrebbe voluto crederlo, di aver contribuito a cambiare qualcosa nella mentalità comune, di aver lanciato, attraverso il suo lavoro, una sorta di manifesto per la libertà sessuale. Ma più che per la libertà sessuale in sé, Riccardo era profondamente contrario al bigottismo e all'ipocrisia. Detestava chi fingeva di essere “pulito” agli occhi degli altri, ma poi viveva nella doppiezza. Era un uomo estremamente sincero, e per questo motivo non sopportava l'ipocrisia in nessuna forma.
La sua “campagna” era la trasgressione: trasgredire regole che riteneva inutili o stupide. Era anche fortemente contro l'omofobia, che all'epoca era ancora molto diffusa. Essere omosessuali voleva dire rischiare di perdere il lavoro o dover nascondere la propria identità. Riccardo, già allora, sosteneva con convinzione che nell'amore e nella sessualità non c'è nulla di sbagliato. Ricordava spesso un episodio di quando aveva 12 anni: gli sequestrarono una rivista con foto di ragazze nude. Era scandalizzato dal fatto che si potessero accettare immagini violente, corpi massacrati o brutti politici, ma si censurasse la bellezza naturale e innocente di quelle ragazze. Per lui quella non era pornografia, ma espressione della natura. Non accettava questa discriminazione.
La sua battaglia contro l'ipocrisia e la morale ingiustificata è diventata uno scopo di vita. E credo che lo abbia aiutato a vivere, ad affrontare la sua paura più grande: non tanto quella della morte, ma del “non esserci più”. Aggiungo anche che, guardando oggi la televisione rispetto a trent'anni fa, noto un cambiamento radicale. C'è molta più libertà di espressione, sia nel linguaggio che nel modo di vestire. All'epoca si controllava tutto, persino la scollatura. Oggi, invece, si può esprimere la propria individualità, sempre nel rispetto degli altri. Prima, non solo dovevi stare attento a non offendere i diritti altrui, ma spesso nemmeno avevi il diritto di essere te stesso.
 
«Dalle parole di Riccardo Schicchi: “Qualcuno sostiene, sbagliando, che la pornografia spinge verso le violenze sessuali. Ma è la repressione che invoglia allo stupro. La sessualità è come l'esplosivo: più la comprimi e più è deflagrante. È la mancanza di affetto che spinge alla violenza, la mancanza di libertà che invoglia allo stupro [...> Penso che sia necessaria una cultura della generosità. Se le persone saranno più generose e sessualmente più aperte riusciranno a scoprire anche l'affetto”. Vuole commentare per noi questa incisiva dichiarazione?»
Allora, al di là di tutto, io penso che la violenza sessuale nasca da una mente malata. Trovare piacere mentre l'altra persona non è consenziente, quando manca la complicità, il gioco, la sensualità reciproca, non è normale. È un comportamento che non ha nulla a che vedere con una mente sana.
Personalmente, non potrei mai obbligare il mio partner a fare qualcosa che non desidera, perché non ci troverei alcun piacere. Se qualcuno prova piacere nel fare del male o nel costringere un'altra persona, evidentemente ha un serio disagio mentale. Questa è la mia opinione. Riccardo diceva che nei paesi dove la sessualità è repressa in modo esagerato e dove le donne sono obbligate a coprirsi completamente per non “provocare” l'uomo - dove persino un viso può essere considerato provocatorio - il problema è alla base. Se a un uomo viene insegnato fin da piccolo il rispetto, se impara che una donna non si tocca, non si aggredisce, allora non importa come una donna si vesta. Anche se camminasse per strada nuda, al massimo potresti apprezzarne la bellezza, magari eccitarti dentro di te, ma non per questo aggredirla. Il rispetto non dipende dall'aspetto o dall'abbigliamento di una donna, ma da come sei stato educato e da quanto sei mentalmente sano.  Secondo me, Riccardo diceva giustamente che la pornografia, in un certo senso, può contribuire alla diffusione della libertà sessuale, purché non rappresenti scene di violenza o sopraffazione. In effetti, anche nel film Diva Futura si vede chiaramente — e nel libro Oltraggio al pudore Riccardo ne parla — come sia cambiata la pornografia nel tempo.
Finché la pornografia esaltava la donna, mettendola al centro come una regina — com'era nei film di Riccardo con Moana, Ilona e le altre sue artiste — allora manteneva una certa dolcezza e sensualità. Le donne erano protagoniste assolute, gli uomini quasi un contorno. Anche se c'erano elementi scenici forti, come abiti in pelle o ambientazioni più spinte, non c'era nulla di realmente violento o degradante. C'era una sensualità giocosa, in cui la donna sceglieva, guidava, prendeva l'uomo e faceva l'amore con lui.
Poi però è subentrato un tipo di pornografia diversa, dove tutto questo non bastava più. Come nei film di Rocco Siffredi, in cui, ad esempio, si arrivava a scene estreme come mettere la testa di una donna nel gabinetto e tirare la catena. In molti suoi film la trama ruota attorno a dinamiche di sopraffazione, umiliazione o finte violenze. Ecco, in quel tipo di pornografia, l'umiliazione della donna prende il sopravvento, ed è lì che si perde il senso della libertà sessuale. Riccardo, al contrario, voleva esaltare la figura femminile, darle potere e dignità anche nell'erotismo. Per Riccardo, era la donna a guidare l'intera dinamica sessuale. Nei suoi film, la protagonista femminile era al centro della scena, padrona del proprio desiderio e capace di scegliere, condurre e decidere. Con l'avvento della nuova pornografia, però, si è assistito a un'inversione totale: la donna ha smesso di essere soggetto attivo per tornare a essere oggetto di un desiderio maschilista e patriarcale, spesso umiliata e sottomessa. Questa deriva non piaceva affatto a Riccardo. Per questo, ha scelto di ritirarsi: ha rifiutato di continuare a lavorare come regista o produttore in un'industria che non rispecchiava più i suoi valori. Quel tipo di pornografia, improntata alla violenza e alla degradazione, lo disgustava. Non voleva avere nulla a che fare con essa. E io condivido pienamente il suo pensiero. Finché la pornografia rimane una rappresentazione della sessualità umana, dell'intimità e del fare l'amore, può avere una funzione positiva: può aiutare le coppie, può essere un supporto per persone sole, o semplicemente un mezzo per l'eccitazione. Ma quando supera certi limiti e diventa eccessiva o violenta, almeno per quanto mi riguarda, perde ogni valore. Poi, certo, de gustibus.
 
«Dalla postfazione all'autobiografia scritta da lei: “Il sogno di Riccardo era semplice e profondo: un amore per la natura e per tutto ciò che è naturale, incluso il sesso. Un amore che iniziava dagli alberi, dalla neve, dai profumi, dalla musica, per arrivare fino all'ammirazione che aveva per le donne”. Conosciamo il personaggio Schicchi, quello che ha cambiato il volto della pornografia in Italia; come sua ex moglie, vuole raccontarci invece com'era Riccardo nella sua vita privata?»
Riccardo amava profondamente la vita e - come ho già detto - ne aveva un rispetto enorme. Ho assistito personalmente a un episodio che lo dimostrò in modo chiaro: un giorno lo vidi litigare furiosamente con un fotografo che lavorava per lui. Lo cacciò via dallo studio perché aveva schiacciato un insetto. Per Riccardo, nessuna forma di vita doveva essere uccisa: che si trattasse di un insetto, di un animale, di un albero... Per lui tutto aveva diritto di esistere. Ricordo anche quando, un giorno, tutti gli studi fotografici del palazzo - che si trovavano nei seminterrati - vennero invasi dai topi. Ce n'erano ovunque: rosicchiavano cavi, lampade, attrezzature costose. Riccardo si spaventò a morte, non solo per il danno economico, ma anche perché sapeva che prima o poi qualcuno avrebbe proposto di eliminarli. Infatti, arrivò Debora, la sua segretaria, con altre persone dello staff, dicendo che era necessario mettere la colla. I metodi precedenti, che non uccidevano i topi ma li catturavano per poi rilasciarli, non bastavano più: i topi tornavano sempre. Riccardo sbiancò. “Cosa? Così muoiono?” disse sconvolto. Alla fine, per non dover assistere, decise di non scendere più nello studio per quasi un mese, finché una ditta specializzata non risolse il problema. Passeggiava avanti e indietro, turbato, dicendo: “Non è giusto, non è giusto.” Ricordo che cercavo di consolarlo, dicendogli: “Riccà, ma tu stesso avevi un serpente, e i serpenti si nutrono di topi.” E lui mi rispondeva: “Sì, lo so... ma anche quelle sono forme di vita.” Non voleva assistere al momento in cui il serpente veniva nutrito, non voleva sapere. Lo faceva solo perché doveva, ma non era mai presente. Aveva questa convinzione profonda: che ogni creatura avesse diritto di vivere. Amava la natura, la adorava. Facevamo lunghissime passeggiate nei boschi, spesso in bicicletta. Era entusiasta dei picnic, gli piacevano da morire. Andavamo sempre a Monte Gelato, a vedere quando nascevano le rane, piccole e verdi: vederle spuntare dalla terra gli riempiva il cuore di gioia. Per lui era meraviglioso osservare una forma di vita che nasceva. Amava viaggiare. Riccardo girò davvero tutto il mondo. Cominciò come fotoreporter di guerra, e probabilmente vide l'orrore. I cadaveri, la distruzione. Forse anche per questo - oltre alla sua malattia - sviluppò quell'attaccamento fortissimo alla vita. Assorbiva tutto: ovunque andasse, imparava, soprattutto dalle persone più semplici. Gli piaceva ascoltare, capire, lasciarsi insegnare. Era una persona piena di energia, di curiosità, di gioia. Una persona profondamente viva.
 
«In merito ai suoi progetti per il futuro, so che è in procinto di dirigere il suo primo film. Vuole darci qualche anticipazione sulla trama?»
Sì, continuo ad avere desideri e progetti, anche in questo da Riccardo ho imparato molto. Dopo la mia prima sceneggiatura - che si è trasformata in un bellissimo film, in uscita a breve - ho scritto presto anche altri testi. Uno in particolare vorrei dirigerlo io stessa: sarebbe la mia prima opera come regista, e ci tengo tantissimo. Non vedo l'ora, davvero. A volte ho paura, lo ammetto, ma mi dico: “No, se non lo faccio, finirei per pentirmene.” Quindi sì, mi sto preparando e sto cercando di circondarmi di grandi professionisti che possano accompagnarmi in questo percorso. Vedremo come andrà, ma vi terrò aggiornati senz'altro. Grazie!
 
 
Per richiedere un'intervista con Eva Henger puoi scriverci su info@diffondilibro.it
 
 
Contatti
www.mtsedizioni.com
https://www.instagram.com/eva_henger/
https://www.amazon.it/Oltraggio-al-pudore-Riccardo-Schicchi/dp/B0DT51KF9P/
 

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