Luisiana  racconta “Millie Bobby Brown”

Luisiana racconta “Millie Bobby Brown”

Con “Millie Bobby Brown”Luisiana debutta con un brano che fonde il fascino degli anni '80 a un suono contemporaneo, fatto di synth, texture organiche e melodie che restano impresse. Il singolo racconta storie di libertà, fragilità e rinascita, con una voce al centro che non teme di mostrarsi umana e vulnerabile.
 
“Millie Bobby Brown” unisce nostalgia e modernità. Com'è stato trovare l'equilibrio tra vintage e contemporaneo nel sound?
È stato come camminare su un filo sottile, ma liberatorio. Volevo che il brano avesse quel sapore “vintage” che ti fa sentire a casa e allo stesso tempo un tocco contemporaneo, quasi futuristico. Ho lasciato che fossero i suoni stessi a guidarmi: alcune texture richiamano il passato, altre sono completamente nuove, nate da sperimentazioni con synth e campioni organici. L'equilibrio è arrivato quando ho capito che non dovevo scegliere, ma lasciare convivere le due anime.
La produzione è molto curata ma lascia sempre spazio alla voce. Quanto conta per te mantenere quella vulnerabilità nel mix finale?
È fondamentale. La mia voce deve restare umana, imperfetta, vicina. Anche quando le produzioni diventano più complesse o stratificate, voglio che la voce sia il punto d'impatto emotivo. Non mi interessa sembrare invincibile nel mix: mi interessa che chi ascolta senta il respiro, la fragilità, il tremolio. È lì che nasce la connessione.
Ascoltando con attenzione il brano è palese che ci sia anche un'attenzione alla parola. Pensi prima al testo o al suono delle parole?
Spesso arriva prima il suono delle parole, come se la melodia mi suggerisse la loro forma ancora prima del significato. Poi le parole vere si incastrano, quasi naturalmente, e le carico del senso che stavo cercando. È un dialogo continuo tra istinto e intenzione: la musica chiama, il testo risponde.
Hai lavorato con produttori come Daniele Zanotti, Sergio Bancone e Filippo La Malfa. Cosa ti ha colpito di più del loro approccio creativo?
La loro capacità di ascoltare davvero. Ognuno in modo diverso, ma tutti con un'attenzione quasi chirurgica a ciò che volevo dire, anche quando ancora non lo sapevo del tutto. Con Daniele ho trovato un equilibrio tra spontaneità e visione, con Sergio una cura maniacale dei dettagli, e con Filippo una sensibilità melodica che sembra sempre anticipare dove voglio andare. È come avere tre specchi che riflettono parti diverse di me.
Come immagini i tuoi concerti? Saranno più intimi, più elettronici, più teatrali... o un mix di tutto questo?
Li immagino come una stanza che cambia forma: a volte intima, altre elettrica, altre ancora quasi scenica, come un piccolo film che prende vita sul palco. Voglio che ci sia spazio per l'elettronica, certo, ma anche per il silenzio, per le parole nude, per quei momenti in cui la music a si ritira e rimaniamo io e chi ascolta. Sarà un mix, ma non un compromesso: un universo in trasformazione.
Se dovessi riassumere il progetto Luisiana in una frase — non uno slogan, ma una verità — quale sarebbe?
“Camminare dove l'istinto illumina la notte.”

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