Roland Garros 2005
[img src=/data/rubriche/a16kdjj8ng3c11t8yc5u.jpg alt=Immagine align=sx>
Non è stata la finale-farsa che ci si aspettava, no. Per vincere il suo primo torneo dello Slam Rafael Nadal ha dovuto lottare, difendersi, recuperare e salvare tre set point che avrebbero portato la partita al quinto set. Ma anche quando Mariano Puerta ha tirato dalla sua parte il primo set, mulinando diritti e picchiando con percentuali altissime, era chiaro che l'inerzia del match non poteva che restare dalla parte di questo incredibile ragazzo dai muscoli esplosivi e dal tennis incessante, giocato punto per punto alla morte. Rafael ha fatto sua la Coppa dei Moschettieri alla prima partecipazione, come Mats Wilander nel 1982, ed era dai tempi di Michelino Chang nel 1989 che Parigi non salutava un re così giovane. Di fronte a una forza della natura come Nadal non si può che restare ammirati. Bisogna scavare nella storia di questo sport per trovare un giocatore così giovane e parimenti implacabile, chirurgico nei recuperi, in grado di ributtare la palla di là sempre e comunque, vincendo punti che per tutti gli altri sarebbero persi. Un Borg del Terzo Millenio, adrenalinico come Connors, potente come Jim Courier. La profondità e la pesantezza dei suoi colpi non appagano l'estetica ma si risolvono in un muro invalicabile per chiunque: la terra rossa ha un re con tutte le carte in regola, un tritatutto che pesta, passa, picchia, pressa, stordisce e sfinisce qualunque avversario. Il verdetto di Parigi è un monito per Roger Federer, cui difficilmente si ripresenterà un'occasione come questa per far suo l'unico Slam latitante in bacheca: su questa superficie Re Roger deve dismettere la corona e non può più considerarsi il favorito, se in tabellone ci sarà anche il nome di Rafael Nadal.
Rafael Nadal b. Mariano Puerta 6-7(6) 6-3 6-1 7-5
Concediamo a Mary Pierce il beneficio del dubbio. Una giornata storta, le gambe imballate. Ma Justine Henin è la regina di questo Roland Garros non per bontà altrui. La belga tascabile è mostruosa nella forma atletica, perfetta nell'impatto dei colpi così maniacalmente limati che l'unica possibile vincitrice della sfida del Centrale poteva essere lei, già nota all'albo d'oro così come Mariolona ma tanto più adatta all'atleti-tennis che oggi detta legge.
Premiazione e palleggio di riscaldamento inclusi la finale è durata un'ora e venti, come non si vedeva dai tempi di Steffi Graf e Natasha Zvereva; il quarto Slam della signora Hardenne vale oro quanto la belga tascabile pesa, perso com'è il tennis in gonnella dietro ai capricci delle sorellone Williams, i tour de force picchiatutto dell'acerba signorina Sharapova, la leadership a metà di Giunone Davenport.
Justine ha restituito agli occhi degli appassionati una numero uno in divenire credibile per età, continuità, adattabilità alle superfici e al power tennis, e che soprattutto gioca magnificamente. Poco importa che la partita decisiva si sia risolta in una passerella, premio alla carriera di una mancata superstar bizzosa, dai fondamentali paurosi ma dal fisico pesante; una Henin così rischia di non trovare rivali, cemento o erba che sarà.
Justine Henin b. Mary Pierce 6-1 6-1
[img src=/data/rubriche/qchanmddhm605z1xqsj6.jpg alt=Immagine align=sx>
