
L'EX DOORS ROBBY KRIEGER: NON CI SEPARAMMO
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21/03/2007 | alceste
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"Morrison a Parigi per disintossicarsi"
In occasione dell'uscita (il 23 marzo) di "Very Best of the Doors" per celebrare il quarantennale dei Doors, il chitarrista Robbie Krieger ha svelato alcuni retroscena sull'ultimo periodo della band. "Morrison andò a Parigi solo per tentare di uscire dal vortice alcolico che lo stava distruggendo, ma se fosse tornato sono certo che avremmo fatto un altro album insieme". La morte colse il cantante a neanche 28 anni, nel 1971.
"Quando Jim se ne andò a Parigi, io ero felice che avesse deciso di prendersi una pausa. Era in un vortice di follia, in particolare per via del processo a Miami (era accusato di atti osceni durante un concerto). Avevamo finito 'LA Woman'. Ero a casa a Los Angeles quando il nostro manager mi telefonò dicendo che Jim era morto. Gli dissi: questa l'ho già sentita. Ma poi decidemmo di mandarlo a Parigi a vedere cosa era successo, e lì purtroppo confermò", ricorda Krieger, che con Manzarek prevede un ritorno a Londra a giugno per una serata intitolata "Riders on the storm" con ospiti che faranno la musica dei Doors e leggeranno poesie (si cerca di coinvolgere anche Liam Gallagher degli Oasis, anticipa).
"Ma sono certo che se Jim fosse tornato da Parigi, avremmo fatto un altro album insieme. C'erano già le canzoni. Avremmo continuato coi Doors", dice il chitarrista.
"Jim era come impazzito, - continua - ma io speravo sempre che fosse una di quelle persone che bevevano e fumavano, ma poi vivevano cent'anni. Quando prendeva droghe psichedeliche, era la persona migliore del mondo, un genio. Ma con l'alcol, ed era quello il suo vero problema, rischiava di distruggere tutto. Camminava in equilibrio su una linea molto stretta, e la gente lo sentiva, ed era per questo che era attratta da lui. Noi facemmo molti dischi, in fretta, perché al terzo album avemmo la sensazione che lui non poteva durare troppo, e ce lo disse esplicitamente anche il nostro manager", afferma ancora Krieger, che poi spiega qual è, a suo avviso, la ragione del perdurante successo della band. "Facevano grande musica, canzoni bellissime. Nei nostri dischi era tutto bello, non come succedeva allora e anche oggi, con gruppi che hanno una-due canzoni che valgono, e basta. Nel nostro repertorio c'è così tanto da cui scegliere".
"All'epoca - ricorda - pensavamo che la musica potesse cambiare il mondo, forse eravamo naif. Ma forse può farlo ancora oggi: la musica piace a tutti, e con essa possiamo parlarci, unirci anche se siamo diversi e dire basta a questa gente che vuole uccidere, basta a questi governi controllati dalla lobby delle armi". Il musicista ammette poi che il film di Oliver Stone (1991) "era un buon film rock, ha avuto il merito di rilanciare l'interesse per la nostra musica e Val Kilmer era bravissimo. Ma non catturava l'essenza dei Doors, e come avrebbe potuto, in un'ora e mezza. La gente avrà avuto l'impressione che Jim fosse un ubriacone idiota. Non ha mostrato il suo genio
FONTE TGCOM
"Morrison a Parigi per disintossicarsi"
In occasione dell'uscita (il 23 marzo) di "Very Best of the Doors" per celebrare il quarantennale dei Doors, il chitarrista Robbie Krieger ha svelato alcuni retroscena sull'ultimo periodo della band. "Morrison andò a Parigi solo per tentare di uscire dal vortice alcolico che lo stava distruggendo, ma se fosse tornato sono certo che avremmo fatto un altro album insieme". La morte colse il cantante a neanche 28 anni, nel 1971.
"Quando Jim se ne andò a Parigi, io ero felice che avesse deciso di prendersi una pausa. Era in un vortice di follia, in particolare per via del processo a Miami (era accusato di atti osceni durante un concerto). Avevamo finito 'LA Woman'. Ero a casa a Los Angeles quando il nostro manager mi telefonò dicendo che Jim era morto. Gli dissi: questa l'ho già sentita. Ma poi decidemmo di mandarlo a Parigi a vedere cosa era successo, e lì purtroppo confermò", ricorda Krieger, che con Manzarek prevede un ritorno a Londra a giugno per una serata intitolata "Riders on the storm" con ospiti che faranno la musica dei Doors e leggeranno poesie (si cerca di coinvolgere anche Liam Gallagher degli Oasis, anticipa).
"Ma sono certo che se Jim fosse tornato da Parigi, avremmo fatto un altro album insieme. C'erano già le canzoni. Avremmo continuato coi Doors", dice il chitarrista.
"Jim era come impazzito, - continua - ma io speravo sempre che fosse una di quelle persone che bevevano e fumavano, ma poi vivevano cent'anni. Quando prendeva droghe psichedeliche, era la persona migliore del mondo, un genio. Ma con l'alcol, ed era quello il suo vero problema, rischiava di distruggere tutto. Camminava in equilibrio su una linea molto stretta, e la gente lo sentiva, ed era per questo che era attratta da lui. Noi facemmo molti dischi, in fretta, perché al terzo album avemmo la sensazione che lui non poteva durare troppo, e ce lo disse esplicitamente anche il nostro manager", afferma ancora Krieger, che poi spiega qual è, a suo avviso, la ragione del perdurante successo della band. "Facevano grande musica, canzoni bellissime. Nei nostri dischi era tutto bello, non come succedeva allora e anche oggi, con gruppi che hanno una-due canzoni che valgono, e basta. Nel nostro repertorio c'è così tanto da cui scegliere".
"All'epoca - ricorda - pensavamo che la musica potesse cambiare il mondo, forse eravamo naif. Ma forse può farlo ancora oggi: la musica piace a tutti, e con essa possiamo parlarci, unirci anche se siamo diversi e dire basta a questa gente che vuole uccidere, basta a questi governi controllati dalla lobby delle armi". Il musicista ammette poi che il film di Oliver Stone (1991) "era un buon film rock, ha avuto il merito di rilanciare l'interesse per la nostra musica e Val Kilmer era bravissimo. Ma non catturava l'essenza dei Doors, e come avrebbe potuto, in un'ora e mezza. La gente avrà avuto l'impressione che Jim fosse un ubriacone idiota. Non ha mostrato il suo genio
FONTE TGCOM
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